BLUE CHURCH
TEXT: RELAZIONE SULLE MOTIVAZIONI E I CRITERI PROGETTUALI
“Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.
Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità.”
MISSA PRO ELIGENDO ROMANO PONTIFICE, OMELIA DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER
DECANO DEL COLLEGIO CARDINALIZIO
Patriarcale Basilica di San Pietro, Lunedì 18 aprile 2005
La nostra proposta progettuale nasce dalla scelta di non utilizzare l’architettura sacra come strumento per esprimere una volontà demiurgica, trasformatrice o autoreferenziale, nè dal punto di vista estetico, né per quanto concerne l’aspetto funzionale.
Riteniamo al contrario che com’è vero che la Chiesa cattolica è aperta ad accogliere l’arte del nostro tempo, così il risultato finale del lavoro di ideazione dello spazio sacro non deve essere un doppio o una firma dell’architetto.
Non è compito del progettista modificare secondo la propria misura, anche secondo le più intime convinzioni, il modo con il quale il rito sacro deve perpetuarsi. Ciò determinerebbe un’arbitrarietà di fondo che non deve e non può trovare posto nella casa del signore.
La strategia utilizzata è stata dunque basata sul concetto di eredità: ereditiamo dalla tradizione cristiana cinque idee che riteniamo essere qualità sostanziali di un impianto parrocchiale e le riproponiamo, interpretandole in chiave contemporanea, poiché non è la superficie o il belletto a fare lo spazio, ma è il concetto, che deve trovare una trasposizione architettonica adeguata al proprio tempo, del quale deve essere uno specchio.
Queste idee derivano da periodi storici diversi, e la loro pedissequa ripresentazione avrebbe portato inevitabilmente al “pastiche”. L’elemento unificante è la reinterpretazione secondo uno schema contemporaneo e povero.
1. Schema a Croce. Com’è noto le fabbriche antiche hanno utilizzato prevalentemente l’impianto a croce latina che unisce ad un ottimo schema funzionale il chiaro simbolismo della pianta. L’operazione primaria è stata trasportare questo simbolismo all’esterno della chiesa: il blocco dell’aula liturgica si addossa ad una croce latina rappresentata dallo specchio d’acqua. Il braccio minore della croce d’acqua si dispone parallelamente alla strada, marcando un confine invalicabile fra spazio sacro e spazio profano. L’acqua nasce dal fonte battesimale, all’interno della chiesa, sistemato a ridosso dell’intersezione dei bracci della croce. Per poter accedere all’aula il fedele deve necessariamente valicare lo specchio d’acqua che assume così il significato di cesura tra la vita laica e quella spirituale; lasciando dietro di sé il mondo profano, egli ripete metaforicamente ad ogni ingresso il concetto del battesimo.
2. Portico. Abbiamo ereditato la struttura della planimetria dalla pianta dell’abbazia di San Gallo, risalente al nono secolo. Questo famoso documento non rappresenta alcun edificio realizzato ma ha valore di tipologia e di direttiva per le future costruzioni. All’aula liturgica si accosta un chiostro con relativo portico, utilizzato per distribuire le funzioni accessorie, che vi si dispongono circondandolo. La nostra proposta ricalca lo schema antico, adattandolo al contesto. Poiché il tema non riguarda un monastero o un’abbazia, abbiamo ritenuto inutile ripetere pedissequamente il claustrum (chiuso), pertanto al lato nord del portico non sono addossate funzioni. Questo consente di poter vedere dall’esterno il giardino attraverso il portico, senza potervi accedere grazie alla croce d’acqua, e di aprire una prospettiva visiva dall’interno verso la parte naturalisticamente più interessante e verde dell’area.
3. Doppio Involucro. L’assetto spaziale dell’aula eredita dall’architettura bizantina il criterio del doppio involucro: due volumi similari vengono incastrati l’uno dentro l’altro in modo da creare l’effetto di sospensione di quello superiore sull’assemblea.
4. Navate ed illuminazione. La sezione dell’aula liturgica eredita il suo assetto da quella delle chiese a tre navate. Come nelle chiese antiche le navate hanno spesso la duplice funzione di fornire l’illuminazione all’aula dalle navate e di consentire il passaggio dei fedeli sui lati senza disturbare lo svolgimento della funzione. Il doppio involucro è rielaborato in chiave asimmetrica: una sola delle navate, a tutta altezza serve alla distribuzione dell’aula, mentre l’altra copre in parte il braccio maggiore della croce d’acqua, esposto a sud. Ciò consente alla luce di penetrare dall’alto attraverso le aperture, dal basso filtrata dal riflesso dell’acqua a sud e diffusa sulla navata a nord.
5. Gerusalemme celeste. L’ involucro interno conforma quindi una grande aula sospesa che non tocca mai terra, ma fluttua al di sopra dell’assemblea. L’immagine di tale copertura eredita il suo criterio dall’azzurro lapislazzulo della Cappela degli Scrovegni. Il colore è metafora della Gerusalemme Celeste:
Dolce color d’oriental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta
che m’avea contristati li occhi e ‘l petto.
Dante, Purgatorio, I 13-18.