Vincitori del Premio Vocazione Roma sezione ‘Territorio’
1.Come nasce l’idea del progetto sul ponte Bailey?
Francesco Napolitano: Per anni ho giocato a calcetto con i miei amici nei campi del circolo sportivo “Bailey”. Prima di iniziare la partita facevamo sempre un po’ di palleggi nel piazzale davanti al pilone nord (quello sul quale vorrei posare la piattaforma); ma non lo avevo mai notato perché giocavamo sempre di sera. Poi una volta il pallone è finito dietro alla staccionata e mi è toccato andarlo a riprendere vicino alla riva, così mi si è aperto davanti lo scenario dei tre appoggi orfani del loro ponte. Non ne sapevo niente, e sulle prime ho pensato che una simile assurdità potesse essere solo il risultato di una operazione edilizia dissennata: invece no! Il ponte una volta era lì per davvero! Così tornando a casa mi sono chiesto quale potesse essere un modo per rimediare a quella situazione, e ho disegnato la risposta su un pezzo di carta. La mattina dopo discutevo con Simone l’idea del Project Financing.
2. Quali sono gli obiettivi che si pone e perché dovrebbe essere realizzato?
Simone Lanaro: Sarebbe importante realizzarlo perché configurerebbe una situazione che in ambiente anglosassone viene definita “win-win”, nella quale cioè esistono solo vincitori, sono tutti contenti: la pubblica amministrazione sana una situazione di degrado urbano senza spendere soldi; l’imprenditore che ottiene la concessione di utilizzo del pilone nord, costruisce, crea business e lavoro; il gestore degli spazi polifunzionali avvia un’attività proficua e crea occupazione; la cittadinanza guadagna una piazza pubblica in mezzo al fiume e riconquista la vista su una parte del Tevere bellissima e naturalistica, senza gli argini, ma purtroppo quasi sconosciuta perché è inaccessibile.
3. Quali saranno i materiali utilizzati?
La piattaforma è perfettamente removibile e allo stato dell’arte abbiamo pensato ad una struttura in travi di acciaio. Ovviamente nessuno ci vieta, nel momento in cui dovessimo affrontare un livello di progettazione più dettagliato, di ripensarci e di usare il legno lamellare. Comunque direi che entrambi i materiali non pregiudicano la forma del progetto: la cosa veramente importante è mantenere una linea semplice e poco invadente.
Per quanto riguarda la “pelle” dell’architettura, i rivestimenti orizzontali e verticali sono in legno, acciaio e vetro.
4. Quali sono i tempi e i costi di realizzazione?
Francesco Napolitano: Ad oggi questa è solo un’idea, quindi é difficile stimare l’incidenza dei costi di costruzione su un ipotetico investimento. Ma sono sicuro che non stiamo parlando di cifre astronomiche: non si tratta di costruire un ponte! Davvero… è solo una struttura a sbalzo!
Per quanto concerne le tempistiche, la costruzione, se ben diretta, potrebbe durare meno di un anno, purtroppo invece la burocrazia impone tempi di approvazione lunghissimi.
5. Gli ostacoli maggiori che potreste incontrare nella sua realizzazione?
Noi abbiamo depositato presso gli uffici della Regione Lazio una richiesta di concessione di beni demaniali e abbiamo allegato il nostro progetto. Purtroppo la richiesta non ha ancora avuto un un riscontro: l’ostacolo maggiore potrebbe proprio derivare dalle inevitabili lungaggini amministrative e burocratiche italiane. Comunque ci fa piacere constatare che venti giorni dopo aver vinto il premio Vocazione Roma, dopo tanti anni di silenzio sulla situazione di degrado dell’ex ponte Bailey, il Comune di Roma ha dato notizia (utilizzando tra l’altro una nostra fotografia) di voler indire un Project Financing per un progetto che riguarda una struttura sospesa sui tutti e tre i piloni, per un costo di 35 milioni di euro.
Questo tuttavia sarebbe un vero peccato, perché significherebbe perdere l’occasione di demolire i piloni centrali: la nostra idea prevede di liberare il letto del fiume dai piloni con un progetto più semplice, molto meno costoso e meno invadente.
6. Ci potete illustrare le ricadute positive di questo progetto in una città come Roma?
Come diceva poco fa Simone, quella del recupero del pilone del ponte Bailey è una situazione win-win: a vincere è anche e soprattutto Roma. È importante dimostrare che anche a Roma sappiamo pensare ed attuare, proposte visionarie che trasformino le disfunzioni urbane che abbiamo ereditato in funzioni.
7. Quali sono le fasi di realizzazione di un vostro progetto?
Francesco Napolitano: Per quanto riguarda l’architettura prima di ogni progetto c’è sempre una fase di brainstorming, un lavoro di gruppo che ha come fine l’individuazione dei punti focali sui quali la strategia progettuale deve insistere, e questo avviene attraverso la selezione di schemi il più possibile chiari e semplici. Subito dopo, il lavoro di gruppo lascia spazio alla riflessione individuale e solitaria, nella quale lo schema deve essere visualizzato e trasformato in una suggestione architettonica. Infine la terza ed ultima fase riguarda la trasformazione della visione in un disegno in scala, realistico e realizzabile.
Simone Lanaro: Nel design, negli interni e nell’arredamento, ma in fondo anche nell’architettura, un buon progetto è il risultato della combinazione di tre variabili: la preesistenza, il budget e l’idea. Così come il risultato finale, e cioè la realizzazione, è il risultato di altri tre parametri: un buon progettista, un buon committente ed un buon costruttore.
8. Lavorate in gruppo, da soli, in casa o in uno studio?
Le idee possono arrivare ovunque: a casa, in studio, da soli o in compagnia. Ma il lavoro di gruppo avviene sempre e solo in studio. Per essere creativi bisogna avere disciplina.
9. Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Ci piacere provare a condividere,sviluppare e realizzare il nostro design ed il nostro modo di fare architettura all’estero.